UNBROKEN

unbroken

Ci sono storie così vere che sembrano uscite da un romanzo.

Ci sono vite così straordinarie che superano l’immaginazione.

Come quella di Louis Zamperini. Figlio di immigrati italiani, giunti in America da Verona nei primi del secolo scorso.

Infanzia difficile quando gli extracomunitari eravamo noi italiani nel nuovo mondo, in fuga dalla miseria e alla ricerca di un sogno possibile.

Cresciuto tra risse di strada e un padre severo, scoprì nell’atletica, grazie a un amico che credette in lui, il talento che non sospettava di avere.

Tanto da approdare alle olimpiadi di Berlino del ’36 come mezzofondista con la maglia della nazionale statunitense. Arrivò ottavo ma fermò il cronometro sul giro più veloce di sempre fino ad allora.

Avrebbe potuto fare molto di più, quattro anni più tardi alle Olimpiadi di Tokyo, se non fosse arrivato l’orrore della guerra a spazzare e spezzare via tutto.

Il destino lo portò comunque in Giappone: diventò puntatore sui bombardieri impegnati nel Pacifico.

Proprio precipitando in mare con un B52 fu tratto in salvo dalle onde dalla Marina Imperiale, dopo quasi cinquanta giorni alla deriva su un gommone.

Lì però cominciò la sua odissea come internato ai lavori forzati. Fu la vittima preferita del comandante del campo di prigionia: Mutsuhiro Watanabe, soprannominato “l’Uccello”, figlio di un alto ufficiale nipponico respinto all’Accademia e costretto al misero grado di caporale. Quest’ultimo sfogò la sua frustrazione sui detenuti con sevizie e umiliazioni cocenti.

Louis Zamperini non si piegò mai. Riconosciuto come campione olimpico gli fu data la possibilità di un trattamento privilegiato purché abiurasse il suo Paese leggendo dei comunicati alla radio.

Non cedette neppure alle lusinghe e tornò al campo per condividere i patimenti con i compagni prigionieri di guerra.

Rischiò la morte di stenti ma il suo carceriere non ebbe mai ragione della sua caparbietà.

Quando ormai però sembrava aver esaurito ogni flebile speranza ecco che il conflitto finì.

Gli Alleati trionfarono. Il Giappone si arrese, ultimo a farlo tra le forze dell’Asse.

Louis tornò in patria. Si sposa. Ebbe due figli. Soffrì di trauma postbellico a lungo finché capì che per andare avanti serviva il perdono non la vendetta.

Così tornò in Giappone. Incontrò i suoi carcerieri, tranne Watanabe, al quale aveva scritto una lettera, ma che declinò l’invito.

Louis Zamparini

coronò comunque il suo sogno:

a più di 80 anni corse in Giappone come tedoforo.

Questa è la storia che ci racconta Unbroken, il film che segna il fortunato esordio alla regia di Angelina Jolie.

Pellicola che sembra uscita da un calco di Sergio Leone e Clint Eastwood.

Numerose le riflessioni che ci consegna: il successo arriva per chi sa resistere a ogni patimento; sofferenza e sacrificio sono più forti della protervia; bisogna vivere sempre al meglio delle proprio possibilità e divertirsi anche un po’ lungo il cammino.

Infine, l’ultimo spunto che ci lascia è “palindromo” e va letto in entrambe le direzioni: una vita di gloria vale un momento di dolore e viceversa.

Ad onor del vero va precisato che i nazionalisti giapponesi hanno condannato la trama, trasposta dal libro di Laura Hillenbrand “Sono ancora un uomo”,  come una “ricostruzione immorale e razzista”. I conservatori del Sol Levante stanno raccogliendo migliaia di firme affinché ne sia vietata la diffusione in patria.

Sicuramente le atrocità della guerra non hanno bandiera, barbarie e orrori appartengono al genere umano, purtroppo, e non a un singolo popolo.

Va sicuramente tenuto in conto che, di solito, la storia la scrive chi vince, ma non dobbiamo dimenticare chi erano gli aggrediti e gli aggressori.

Per tornare però ai fatti legati a questa vicenda specifica chiudiamo con l’epilogo delle storie dei due protagonisti:

Mutsuhiro Watanabe visse a lungo nascosto, ricercato come criminale di guerra, finché non gli fu concessa l’amnistia. Morì nel 2003 a 85 anni.

Louis Zamperini, dopo la prigionia, ha goduto di una vita lunga e serena. È scomparso l’anno scorso a 97 anni.