MASSIMO FINI – UNA VITA. UN LIBRO PER TUTTI. O PER NESSUNOmassimi fini una vita

 

Ci sono vite che si possono riassumere in pochi caratteri e altre per la quali non basterebbe un romanzo da seicento pagine.

 

Eppure la saggia e asciutta capacità di sintesi di un giornalista di vaglia sa condensare, in tratti essenziali, settant’anni, suoi e del paese, anzi d’Europa.

 

Sì, perché la storia di Massimo Fini, intellettuale che, sono certo, non ama, giustamente, i salamelecchi e del resto non è neppure nella mia cifra stenderne, comincia da lontano: tra la grande “madre” Russia e la “ville lumière”, dove si incrociarono le esistenze dei genitori, Benso e Zinaide.

 

Con il passo del cronista, la sagacia feconda dell’editorialista, senza sconti, né a sé né ad altri, Fini scorre in rassegna più di mezzo secolo di storia, dal dopoguerra ad oggi.

 

Lavora di fioretto e spada.  In un gioco di corsi e ricorsi, di specchi e riflessi, ci si ritrova nel medesimo afflato. Leggendo il suo ultimo libro, in più di un rigo, capitolo dopo capitolo, si ha l’impressione, confortante, di non essere soli. Ci si ritrova, piacevolmente sedotti, in un gioco di ricordi comuni scevro di retorica. Nelle istantanee che scivolano dalle pagine si intrecciano Dostoevskij e Camus, giocano a rimpiattino nichilismo e “ruga fissa” esistenzialista, con la stessa disinvoltura con cui evoca e appaiono familiari scorci urbani, nobili e proletari. Hanno importanza e pari dignità le pedate al pallone, nei campetti polverosi della Milano anni ’50, e le rotative che danno alle stampe i pensieri di Prezzolini, Montanelli e Buzzati. Trovano cittadinanza le testate che hanno scritto le pagine più alte del giornalismo italiano così come le scommesse ai cavalli in gara al Trotter. Ne emerge un retrogusto di sigaro e whiskey, di “pelande” e di“uomini o quel che si dice”.

 

Ribelle, “bohémien”, insofferente, libero pensatore, antimodernista e, proprio per questo, modernissimo. Fautore della decrescita e della democrazia diretta, come dargli torto? Agnostico o, se preferite, “onesto pagano”. Massimo Fini è tutto questo. Lo mette nero su bianco, con incedere schietto, franco, leale. “Uno, nessuno, centomila”, proprio come molti di noi. Come chi ha conosciuto il dolore, “di persona, si intende” e, per dirla sempre con Vecchioni, ha saputo rispondere: “con me non puoi niente (…) io sono vivo e tu, mio dolore, non conti un cazzo di niente”.

 

In buona sostanza, distilla in 240 pagine una vita intera. La sua.

 

Per chi, come me, avrà voglia e curiosità per posarvi lo sguardo.

 

Perché ci sono storie per tutti. O per nessuno.